Omicidio di Stefania Camboni a Fregene, si cerca l’arma: dal villino manca un coltello
Di Maria Grazia Stella il 31/05/2025
Mancano arma e movente dell’atroce delitto avvenuto la notte tra il 14 e 15 maggio scorsi nel villino della vittima. L’unica indagata e nuora della 58enne, Giada Crescenzi, si è avvalsa per la seconda volta della facoltà di non rispondere. Le indagini proseguono a pieno ritmo
Fregene (Rm) – Nel drammatico e complicato caso dell’omicidio di Stefania Camboni, uccisa con 34 coltellate la notte tra il 14 e 15 maggio scorsi a Fregene, nel suo villino, l’arma del delitto non è ancora stata trovata, anche se spunta l’ipotesi che provenga proprio dall’abitazione di via Santa Teresa di Gallura. E, inoltre, mancherebbe il movente, due elementi sui quali si stanno concentrando ormai da due settimane le indagini dei carabinieri.
Dal villino manca un coltello: l’arma del delitto?
Si potrebbe trattare di un coltello da cucina, che faceva parte di un set di cinque, di proprietà del figlio della vittima, Francesco Violoni, ex compagno di Giada Crescenzi, unica indagata al momento dell’omicidio, sequestrato durante l’ultimo sopralluogo dai carabinieri del Ris insieme ai colleghi della Compagnia di Ostia e del Nucleo investigativo del Gruppo di via Zambrini.
Nel ceppo preso in consegna dagli investigatori, trovato su indicazioni di Francesco Violoni nel seminterrato della villetta, mancherebbe infatti un coltello, mentre gli altri quattro erano al loro posto. Da verificare, quindi, l’eventuale compatibilità del coltello con le numerose, profonde ferite inferte sul corpo della vittima. Il set era nella cantina, in una scatola, dopo il trasloco dell’ormai ex coppia dalla loro abitazione di Fiumicino nella villa di via Santa Teresa di Gallura, avvenuto nel mese di marzo. Il set era stato regalato dalla trentunenne all’ex fidanzato quando ancora abitavano da soli. Una sistemazione che forse avrebbe dovuto essere temporanea, che ha purtroppo avuto un tragico epilogo.
Francesco Violoni non risulta inoltre indagato perché al momento del delitto – nonostante non sarebbe ancora stato stabilito l’orario del decesso di Stefania Camboni – non si trovava in casa in quanto era uscito alle 22.15 della sera del 14 maggio per recarsi all’aeroporto di Fiumicino dove lavora come guardia giurata.
Il movente
Le indagini proseguono a ritmo serrato per riuscire a risalire al movente del brutale delitto del quale è, appunto, unica indagata, al momento, la trentunenne Giada Camboni, detenuta nella sezione femminile della casa circondariale di Civitavecchia. La giovane, che la notte del delitto si trovava nel villino, si è avvalsa per due volte della facoltà di non rispondere. Lo ha fatto anche nel corso dell’ultimo interrogatorio di giovedì 29 maggio davanti al pubblico ministero.
Secondo la legale che l’assiste, l’avvocata Anna Maria Anselmi, occorre trovare l’eventuale movente, mancherebbero le prove che sia stata proprio la Crescenzi. “Il principio è che sono loro che devono dimostrare che Giada è colpevole e quindi devono fare le loro indagini, ma siccome le indagini sono segrete aspetteremo. Intanto con i nostri tecnici e i nostri consulenti faremo le nostre indagini private e confronteremo le risultanze delle indagini del pubblico ministero quando saranno disponibili” ha dichiarata a Ostia TV l'avvocata. Gli esiti dovrebbero arrivare tra una settimana, dieci giorni.
Il delitto
Il delitto è stato scoperto da Francesco Violoni alle 7.10 del mattino di giovedì 15 maggio, al suo rientro dal turno di notte a Fiumicino. Il giovane trovò il cancello e la porta d’ingresso aperta, e alcune camere a soqquadro. Secondo quanto ricostruito, svegliò l’indagata, che era nel dormiveglia, per perlustrare la casa e qui, al piano superiore, nella stanza da letto, trovarono il corpo senza vita della 58enne Stefania Camboni, coperto da un lenzuolo e da alcuni cuscini. Si recarono allora alla locale stazione dei carabinieri per denunciare l’accaduto.
Da lì, dopo il sopralluogo degli uomini dell’Arma nel villino, hanno preso l’avvio le indagini per risalire al responsabile o ai responsabili.
Non vi sono testimoni in quanto Giada Crescenzi ha affermato di aver dormito la notte dopo aver preso dei farmaci e aver messo anche i tappi alle orecchie. Secondo quanto da lei dichiarato agli inquirenti, alle 4.30 avrebbe sentito la suocera muoversi nella stanza che occupava al piano di sopra. Gli inquirenti non hanno potuto fare inoltre affidamento sulle immagini delle telecamere per verificare se qualcuno sia entrato nella villa quella terribile notte perché in via Santa Teresa di Gallura non ve ne sarebbero.
La procura ha acquisito, però, i video dei sistemi presenti in zona, in particolare in via Agropoli, a circa 150, 200 metri dalla villa, dove è stata ritrovata l’auto della 58enne, incastrata in una cunetta, con il finestrino abbassato dal lato del guidatore. Poco lontano, a terra, il portafogli della vittima, che era scomparso quattro giorni prima. Mancano le chiavi e il telefono cellulare della Camboni, il cui ritrovamento potrebbe risultare decisamente interessante ai fini delle indagini.
I taccuini
Nel corso di uno degli ultimi sopralluoghi dei carabinieri sono stati trovati due taccuini appartenenti alla vittima, che porterebbero gli inquirenti ad approfondire la situazione economico-finanziaria di Stefania Camboni, che sarebbe stata difficile, tra debiti saldati e quelli ancora pendenti. Ma questa, al momento, resterebbe un’ipotesi che gli inquirenti stanno valutando e approfondendo, analizzando i conti bancari della vittima. Le indagini proseguono, dunque, a trecentosessanta gradi, non tralasciando indizi, elementi in cerca della verità di questo atroce delitto.
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