Bar, salotti, titoli di giornale: il calcio, nella sua dimensione più umana, è diventato un catalizzatore linguistico che riflette i cambiamenti sociali e identitari di un paese: ecco come ha fatto.

Quanti fenomeni possono dire, nel panorama culturale Italiano, di avere avuto la stessa penetrazione che ha avuto la serie A durante il corso della sua esistenza? Da oltre novant’anni il campionato di calcio Italiano massimo è ben più di una mera competizione sportiva, bensì è un motore economico e sociale di grandi dimensioni, che porta con sé conseguenze che vanno ben oltre quello che viene normalmente ragionato da chi è interessato al risultato delle partite.

Oltre a definire i numeri che animano le quote serie a, il campionato è diventato un vero e proprio generatore di espressioni, immagini e metafore che con il tempo si sono insediate nel parlare comune. Tutto questo grazie a telecronisti, allenatori, calciatori e tifosi che nel tempo hanno popolato un lessico con frasi iconiche, neologismi irresistibili e giochi linguistici tipicamente da stadio, che esondando hanno fatto irruzione nel mondo reale.

Bar, salotti, titoli di giornale: il calcio, nella sua dimensione più umana, è diventato un catalizzatore linguistico che riflette i cambiamenti sociali e identitari di un paese: ecco come ha fatto.

Giocare con la palla e le parole

Di base il calcio ha un suo linguaggio in cui oralità e spettacolo, dialetto e retorica, ironia e pathos si mescolano; in questa maniera lo sport è riuscito a modellare un immaginario collettivo che di fatto è stato condiviso dai tantissimi che lo praticano e lo amano.

 

Il ruolo che questo sport ha avuto sulla modifica della lingua però passa per tre dimensioni fondamentali: la persistenza dei dialetti, la creazione dei neologismi e l’importanza della telecronaca.

 

Partiamo dalla fine: le telecronache delle partite di serie A hanno avuto un ruolo davvero fondamentale per la diffusione di determinate espressioni; Bruno Pizzul, nello specifico, nel suo ruolo di telecronista Rai ha introdotto nel parlar comune frasi diventate iconiche come “tutto molto bello”, “bandolo della matassa” e tanto altro ancora.

 

Non solo: la presenza del calcio a livelli multipli ha permesso anche ai telecronisti delle serie minori di dire la loro. Frasi come “jamme bell” o “forsa tòr” sono entrate a far parte di un vocabolario comune più grande di quello del microcosmo dialettale grazie proprio all’espansione derivante dall’utilizzo delle frasi nei contesti telecronistici.

 

Nuove parole ed espressioni

E che dire poi dei neologismi? La zona Cesarini, per fare un esempio, è un termine utilizzato per descrivere un gol segnato proprio negli ultimi minuti di gioco mentre un catenaccio altro non è che una tattica difensiva che ha segnato profondamente il calcio italiano durante il corso degli anni settanta. Per queste e tante altre parole è necessario ringraziare giornalisti sportivi come Gianni Brera che, con le loro produzioni, hanno arricchito il lessico calcistico di termini derivanti da diverse lingue e registri stilistici, per poi permeare nel parlare comune.

 

Gli appassionati di scommesse sportive che hanno raggiunto gli ‘anta, poi, si ricorderanno sicuramente di frasi come “clamoroso al Cibali”, derivanti dal calcio degli anni sessanta, i più giovani invece conosceranno sicuramente la provenienza di “Andiamo a Berlino Beppe!”; come un vettore che travalica ogni ostacolo, il linguaggio del calcio si è fatto spazio all’interno del parlare comune grazie alla potenza delle emozioni espresse e grazie alla permeabilità del linguaggio, che fin tanto che è usato non riesce a morire.

Pallone da calcio