Roma - Lo zyprexa, un farmaco contro la schizofrenia definito “killer” negli Stati Uniti, verrebbe somministrato in dosi massicce ai minori nell’ospedale di neuropsichiatria infantile di Roma. Si tratta di un farmaco contro la schizofrenia, al centro di un gravissimo scandalo per i suoi noti effetti nocivi. A denunciare l’uso-abuso del farmaco è il prof. Giulio Bigotti, medico chirurgo specialista in anatomia patologica ed oncologia nonché docente di anatomia ed istologia patologica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove attualmente presta la sua opera professionale, ai margini di una storia incredibile nella quale è rimasta vittima la figlia M.T. , ricoverata in  un ospedale psichiatrico per un supposto tentativo di suicidio. 
 

Sulla delicata questione, Pier Paolo Zaccai, presidente del movimento “Italia Garantista” ha chiesto un’attenta verifica dei casi del ricorso al farmaco e preannunciato una serie di interrogazioni parlamentari ed in regione Lazio circa le modalità denunciate di somministrazione del farmaco incriminato.
 

Sulla vicenda c’è anche in corso un’inchiesta della Magistratura, il fascicolo è in mano al Sostituto Procuratore dr. Francesco Scavo, mentre la denuncia penale del prof. Giulio Bigotti è seguita in sede penale dall’avv. Domenico Stamato.

 “In seguito alla vicenda della separazione con mia moglie (anche lei medico) –  denuncia il prof. Giulio Bigotti -  mia figlia ha sviluppato difficoltà nell’addormentarsi la sera. In un paio di occasioni non è rincasata la sera, rientrando solo al mattino successivo e riferendo di aver fatto tardi a feste organizzate dai suoi compagni di scuola. Mia moglie, essendo molto apprensiva e confidando negli assistenti sociali, ha riferito di queste supposte difficoltà che mia figlia andava incontrando per le vicende famigliari. Nel marzo dell’anno scorso mia moglie portava M. T., a causa delle difficoltà nell’addormentarsi, da uno psichiatra del policlinico “Gemelli” che, dopo averla visitata varie volte, le prescriveva delle benzodiazepine per favorirla nel prendere sonno la sera. La terapia farmacologica prescritta indicava solo una modica ansia reattiva alla vicenda di separazione dei genitori. La ragazza superava questa lieve insonnia con successo e terminava l’anno scolastico con ottime votazioni ottenute presso la scuola britannica St. George British International School di Roma”. “Nel settembre scorso la ragazza (che vive con il padre) andava a cena dalla madre, ravvisando a suo giudizio ansia in M. T., la stessa le somministrava alcune gocce di Minias rimaste sul fondo della boccetta. La madre quindi, in preda all’ansia per la figlia, la portava successivamente al Pronto Soccorso del S. Camillo riferendo ai sanitari che M.T. aveva dovuto assumere benzodiazepine a causa di problemi relazionali dei genitori. Interpellava, quindi, gli assistenti sociali per un conforto, i quali ponevano invece diagnosi di tentato suicidio richiedendo il ricovero in ospedale psichiatrico, facendo internare la ragazza”.

Il prof. Giulio Bigotti va a trovare la figlia: “…….Giunto all’ospedale psichiatrico di via dei Sabelli, incontravo M. T. la quale sosteneva di essere assolutamente contraria al ricovero e che, con la forza l’avevano trascinata e rinchiusa, rubandole perfino la collanina d’oro bianco che le avevo regalato, dichiaravo al medico curante di voler portare via M. T.. Il medico, per tutta risposta, chiamava il Tribunale per i Minorenni dichiarando che Maria Teresa aveva tentato il suicidio ed ottenendo una ordinanza del Tribunale dei Minori secondo la quale, avendo la minore tentato il suicidio, mi veniva tolta ogni autorità su mia figlia….Tutto questo in piena sintonia con il medico dell’Istituto psichiatrico che acriticamente aveva recepito la realtà distorta prospettata dagli assistenti sociali, senza neanche avere verificato il reale svolgimento dei fatti”.
 

 Un tentato suicidio che le assistenti sociali avrebbero certificato per giustificare il loro operato e che, nella realtà, poteva essere solo ipotizzato e secondo il padre, illustre medico, assolutamente inesistente, in una relazione, dei servizi sociali, specificatamente, si legge: “Nello specifico la minore attualmente è ricoverata presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile a seguito di un tentativo di suicidio avvenuto in data 4 settembre 2011 con l’assunzione di elevati quantitativi di sostanze psicotrope”.
 

“Per entrare in maggiore dettaglio nella vicenda – specifica il prof. Bigotti -  in qualità di specialista nella farmacologia, posso dimostrare che il tentato suicidio della ragazza è un’invenzione dei servizi sociali che, senza nessuna competenza in merito, ci hanno rovinato la vita.
 

Le benzodiazepine, infatti, non sono farmaci che possono causare la morte, che rimane comunque un evento eccezionale, anche se assunte in dosi elevate. Quando ci si vuole suicidare, si associano al farmaco ingenti quantità di alcool, cosa assolutamente non avvenuta nel caso in esame. In secondo luogo, le benzodiazepine sono state assunte in dosi minime, di fronte alla madre che gliele ha fornite e che non l’ha fermata mentre le stava assumendo. Questo dato di fatto è stato riferito ripetutamente a tutti i medici, agli assistenti sociali ed al Consulente Tecnico d’Ufficio. L’assunzione di una quantità minima di una sostanza praticamente innocua, è dimostrata dalla cartella clinica del Pronto Soccorso dell’ospedale.

Infatti la ragazza così veniva definita all’ingresso al P.S.: “Buone condizioni generali. Orientata nel tempo e nello spazio” ed ancora: “vigile e collaborante eupnoica (vuol dire che respira ottimamente, NdR) ”. Nel foglietto illustrativo del Minias, inoltre, lo psicofarmaco assunto dalla ragazza, chiaramente si afferma: “Il sovradosaggio di benzodiazepine si manifesta solitamente con vario grado di depressione del sistema nervoso centrale che varia dall’obnubilamento al coma. Nei casi lievi, i sintomi includono obnubilamento, confusione mentale e letargia. Nei casi più gravi, i sintomi possono includere atassia, ipotonia, ipotensione, depressione respiratoria, raramente coma e, molto raramente, morte”. Ogni commento appare, dunque, superfluo a parte l’ovvia considerazione che la quantità di benzodiazepine, assunta da M.T.in presenza della madre, era minima dato che erano inesistenti i sintomi da sovradosaggio all’ingresso in P.S. In sostanza, nessuno si è mai preso la briga di ascoltare e dare credito alla versione dei fatti di una ragazza di quasi 17 anni senza deficit intellettivi o psicologici, perché questo avrebbe voluto dire screditare gli assistenti sociali. La ragazza è rimasta sequestrata in manicomio a causa dell’ordinanza del Tribunale dei Minori emessa sulla base delle conclusioni diagnostiche degli assistenti sociali non supportate dal minimo dato di fatto. A nulla sono valse le proteste della ragazza che ha anche provato lo scorso 14 ottobre a chiamare i Carabinieri per spiegare di essere stata rinchiusa in manicomio senza motivo. Il responsabile, dell’ospedale psichiatrico, ha addirittura impedito a M. T., quando quest’ultima aveva chiesto ed ottenuto di essere sentita dal Giudice per spiegare l’intera vicenda, di andare in Tribunale sostenendo che ciò sarebbe stato di nocumento alla mancata suicida. A tutt’ora a M. T., ragazza di quasi 17 anni vivace, intelligente e capace di intendere e di volere, non è stato mai permesso, con una scusa od un’altra, di essere sentita dai Giudici da cui lei stessa ha chiesto di poter andare.
 

"Attualmente mia figlia è con me dopo essere scappata dalla Comunità Psichiatrica - continua il professore - ove era stata rinchiusa per ordine del Tribunale per i minorenni a tempo indeterminato. Durante questi soggiorni forzati è stata ferita al braccio con un righello sporco del sangue di un ragazzo tossicodipendente con problemi psichiatrici il quale voleva inciderle sul braccio il suo nome dopo essersi ferito. Ho fatto presente più volte il gravissimo rischio che la ragazza corre di contrarre una malattia mortale ma nessuno mi ha mai ascoltato ed anzi in cartella clinica il fatto è stato totalmente omesso. Successivamente mia figlia è stata aggredita da un ragazzo internato per avere accoltellato la madre e che in concomitanza aveva rotto tutti i vetri della comunità lasciando gli ospiti al freddo. Non riuscendo a picchiarla per l’intervento di un operatore lo stesso ragazzo, che poco prima aveva sferrato un pugno sul naso di un’altra ospite facendolo sanguinare, prendeva mia figlia a sputi in faccia e sul resto del corpo. Maria Teresa aveva smesso di andare a scuola ed oramai stentava ad alzarsi anche dal letto della Comunità Psichiatrica ove era rinchiusa, quando, raccogliendo le ultime energie che le erano rimaste, è riuscita a fuggire invocando il mio aiuto. Ora sta bene, è felice, ha ripreso ad andare a scuola ed a socializzare con i suoi nuovi compagni di classe dato che l’anno scolastico presso il St. George British International School è oramai irrimediabilmente perso. Rispetto a prima si può dire che è rinata, ovviamente resta l’incubo che il Tribunale emetta un nuovo ordine di internamento cosa che è puntualmente avvenuta nei giorni passati… "

"Il Consulente Tecnico d’Ufficio che aveva inizialmente definito mia figlia completamente sana di mente, dopo che gli avevo chiesto spiegazioni sulle ragioni circa il perché gli fosse stato  somministrato lo Zyprexa (farmaco assunto contro la schizofrenia considerato “killer” in America ove è stato al centro di un gravissimo scandalo per i suoi noti effetti nocivi) a dosi da cavallo, cambiava dopo appena un mese la sua diagnosi asserendo che la ragazza aveva allucinazioni e sentiva voci come nella…. schizofrenia. Ho fatto visitare M. T. da tre diversi psichiatri i quali mi hanno detto che mia figlia sta benissimo, tornata a casa ha riallacciato i contatti sociali, frequenta la scuola, è tornata in palestra, è dimagrita dal sovrappeso causato dall’assunzione obbligata del potente psicofarmaco e nonostante abbia perso 4 mesi per l’internamento in manicomio, ha attualmente una media ottima. Ora che finalmente ha ripreso in mano la sua vita, il Giudice la vuole nuovamente rinchiudere in manicomio sulla base di una CTU effettuata quando M. T. era ancora in comunità e vogliono  proibirmi di vederla . Penso che quanto  sia accaduto al sottoscritto sia di interesse pubblico perché vi sono oltre 37.000 famiglie italiane che risentono degli effetti dell’operato degli assistenti sociali nonché CTU e quello che mi è capitato, in seguito ad una normale separazione coniugale, potrebbe capitare a qualsiasi famiglia italiana….”
 

L’on.le Pier Paolo Zaccai, presidente del Movimento “Italia Garantista” denunciando questa incredibile storia e sorvolando, ovviamente su eventuali aspetti processuali di esclusivo interesse per  la magistratura, afferma: “ In questi casi la politica deve riappropriarsi del proprio ruolo istituzionale e chiedere la verifica dei livelli di prestazione sanitaria erogati dalle strutture psichiatriche dedicate ai minori nella regione Lazio ed in tutto il territorio nazionale dal Servizio Sanitario Nazionale e di verificare, inoltre, le effettive modalità di somministrazione di psicofarmaci a carico di minori, e, in particolare, l’entità dell’uso (in percentuale) sui pazienti ricoverati e la quantità media, su di essi somministrata, del temibile Zyprexa. Inoltre, si deve procedere alla verifica del rispetto da parte dei sanitari di  una corretta informazione (consenso informato) ai genitori sul tipo di farmaco somministrato ai propri figli e, soprattutto, sullo Zyprexa e se sia effettivamente possibile, in tempi ristrettissimi, il cambiamento delle condizioni psicofisiche di un paziente da sano a “psicotico” come appare sia accaduto nel caso in esame.

"Preannuncio, sin d’ora, una interrogazione parlamentare al Ministro della Sanità e della Giustizia  in quanto ritengo che il problema rivesta interesse nazionale; inoltre chiederò idonee risposte al  Presidente della Regione Lazio Renata Polverini sul funzionamento degli Ospedali laziali di neuropsichiatria infantile e sull’uso che in essi si fa  del temibile psicofarmaco zyprexa - conclude Zaccai - oltreché dei costi sostenuti dal SSN per la sua somministrazione. Assai grave sarebbe scoprire, ad esempio, il ricorso ad un uso improprio di denaro pubblico per l’acquisto di un farmaco  in un momento di rigore economico, dal costo di € 150,00 circa a confezione, definito “killer”sul New York Times per somministrarlo a dei minori”.