Fiumicino - Dopo il terribile incendio scoppiato all’Aeroporto di Fiumicino nella notte tra il 7 e l’8 maggio, i danni causati alla struttura del T3, i numerosi disagi causati alla mobilità e ai passeggeri in attesa, la denuncia lanciata a seguito dell'incendio dalle single sindacali USB e CUB, continua con proteste e sit-in. Ieri pomeriggio con il motto: “Non vogliamo scegliere tra la salute ed il lavoro” un nuovo grido di allarme dai rappresentanti delle sigle, riunite di fronte l’ingresso del Terminal 3, che continuano a denunciare una situazione di disagio per i numerosi dipendenti aeroportuali che si trovano a lavorare in condizioni pericolose, con indosso sempre una mascherina.


“Infatti sono quasi 130 i lavoratori che sono ricorsi a cure mediche, secondo la stessa ADR, per malori  di ogni genere: vomito, nausea, gonfiori, difficoltà respiratorie, bruciore alla gola e agli occhi, febbre, sudorazione. Ad essere ricorsi a cure mediche stando al censimento del gestore aeroportuale di Fiumicino, oltre 4,2% dei lavoratori che avrebbero lavorato dal giorno dopo il rogo fino al primo sciopero del 12 maggio.  Mentre il medico competente della Polizia di Stato ha dichiarato che è risultato inagibile l’ufficio delle forze dell’ordine adiacente alle postazioni di lavoro di numerosi addetti aeroportuali e dell’indotto.  Adr, stando a quanto riportato dall’Enac, ha ottenuto i primo riscontri sulle analisi effettuate solo l’11.05, mentre ancora oggi non si conoscono i risultati della Asl e dell’A.R.P.A.  – Agenzia, Regionale per la Prevenzione Ambientale – che ha installato le centraline, a quanto pare, solo dal giorno 12-05, ed i risultati non saranno disponibili prima del 20-05, secondo quanto dichiarato dalla Asl in prefettura” si legge in una nota dell’Usb e del Cub.


Non si profila solo la preoccupazione per l’utilizzo presunto di amianto ma anche per l’area stessa che doveva essere preventivamente bonificata, sostengono gli attori in causa, prima di ricominciare il normale esercizio lavorativo. infatti si evince che dopo un incendio nell’aria si sprigionano sostanze nocive che si depositano sulle superfici, nonché nell’aria che per molti giorni si fa fatica a respirare e quindi l’ambiente resta insalubre. I lavoratori, quindi secondo i portavoce della protesta sono tenuti inoltre sotto scacco dallo spettro della precarietà e quindi dal pericolo di licenziamenti, cassa integrazione e tagli salariali.


Sulla questione si è espressa anche Adr che ha così dichiarato: "I risultati delle analisi - effettuate presso il laboratorio chimico Biochemielab dimostrano, come illustrato dal prof. Soldati nella riunione (Dr. Pier Sergio Soldati, direttore di Hsi, ndr) che i parametri indagati riferiti alle sostanze organico volatili, gli idrocarburi policiclici aromatici, i metalli, le polveri e le fibre aerodisperse, non hanno superato i limiti (tlv) previsti dalla normativa vigente nazionale e internazionale. Per contenere il rischio propagazione del particolato incendio, in primo luogo sono state segregate le aree direttamente interessate dall’evento. – spiega ADR - In una seconda fase sono state attivate le azioni di ripristino dell’operatività delle aree impattate in modo non grave dal rogo”. Adr ha anche «attivato la sostituzione dei filtri degli impianti di condizionamento delle Uta, le unità trattamento aria, e provveduto a istallare erogatori di sostanze naturali in grado di abbattere ulteriormente l’odore residuo".



Intanto la Procura di Civitavecchia sta indagando per l’incendio cinque persone, quattro operai della ditta incaricata degli impianti di riscaldamento e condizionamento dello scalo e un dirigente.