Ostia - Si è tenuta oggi, 13 settembre, presso il Parco archeologico di Ostia antica si è tenuta la conferenza stampa per la restituzione di 9 reperti archeologici recuperati a Fano (AN), a esito delle attività investigative e giudiziarie, condotte dal Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Nucleo di Ancona e dal Tribunale di Pesaro, che hanno consentito il recupero di una serie di iscrizioni su marmo illecitamente sottratte da Ostia intorno alla metà del secolo scorso e confluite in una collezione privata.

Si tratta di documenti epigrafici di carattere funerario, originariamente destinati alle aree sepolcrali dislocate nel territorio dell’antica Ostia, che potranno essere nuovamente ricongiunti al contesto di provenienza, contribuendo, tra l’altro, ad approfondire le conoscenze sulla società della colonia romana alle foci del Tevere: un fortunato "ritorno a casa", seppur in minima parte, dell’immenso patrimonio ostiense disperso in Italia e all'estero, a dimostrazione dell’impegno incessante e costante da parte delle autorità preposte nei confronti della tutela dei beni culturali per contrastare il traffico illecito di reperti.

L’operazione rappresenta un caso esemplare di cooperazione tra più istituzioni e di perfetta sinergia tra le attività di tutela e di ricerca scientifica: una prima indicazione ai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Ancona che si trattasse di reperti provenienti da Ostia si deve alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ancona, Pesaro e Urbino, in particolare al funzionario archeologo Maria Raffaella Ciuccarelli che, grazie alla collaborazione di Andrea Raggi, docente dell’Università di Pisa, ha segnalato come alcune delle epigrafi in questione fossero presenti nello studio pubblicato di Fausto Zevi (insieme a M. L. Caldelli, M. CébeillacGervasoni, N. Laubry, I. Manzini, R. Marchesini, F. Marini Recchia), in Epigrafia ostiense dopo il CIL. 2000 iscrizioni funerarie (2018), nell’appendice relativa agli esemplari dispersi.

Le verifiche condotte dal Parco archeologico di Ostia antica, anche grazie al contributo di esimi studiosi, esperti in epigrafia ostiense, quali Fausto Zevi, Maria Letizia Caldelli e Antonio Licordari, hanno confermato la provenienza da Ostia, da cui risultavano essere state trafugate, permettendone la restituzione, disposta dal competente Tribunale di Pesaro.

Per quanto riguarda l’epoca del loro trafugamento da Ostia, la notizia dell’esistenza di questa "collezione archeologica" in una residenza privata a Fano (AN) già nel 1953 induce a supporre che essa possa collocarsi negli anni ’40 del secolo scorso, subito dopo il Grande Scavo, in occasione del progetto per la realizzazione dell’Esposizione Universale di Roma del 1942, nota come E42, interrotto dallo scoppio del secondo conflitto bellico, momento storico particolarmente critico che ha visto l’incontrollata fuoriuscita da Ostia di numerosi reperti.

Alessandro D'Alessio, direttore del Parco archeologico di Ostia antica, svela il retroscena: l'enigma sciolto dai colleghi della Soprintendenza di Ancona, Pesaro e Urbino ha richiesto un'indagine complessa, a partire da un gruppo di iscrizioni quasi mute, certamente antiche ma prive di qualunque relazione di accompagnamento o verbale di scavo. E' vero che gli archeologi dispongono di strumenti con gli estremi di ogni iscrizione conosciuta, ma proprio per questo si tratta di decine di migliaia di voci, come cercare un ago nel pagliaio. Fondamentale l'intuizione della dottoressa Ciuccarelli che, con l'aiuto del professor Andrea Raggi, è stata in grado di individuare un indizio decisivo, un recente lavoro del professor Fausto Zevi che, nel 2018, aveva commentato in una pubblicazione proprio quelle iscrizioni funerarie ritrovate a Fano grazie ai Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale. A dimostrazione che un reperto catalogato è ipso facto protetto dalla sua notorietà alla comunità scientifica, che unisce i tecnici del Ministero della Cultura con quelli delle Università e della altre amministrazioni pubbliche”.