È davvero inquietante il video, diffuso dal Tg1 e ormai in tutta la rete, con la quale si assiste alla morte di Michele Ferrulli, sulla cui vicenda siamo già intervenuti nei giorni scorsi per denunciarne l’assurdità e la gravità.

Apprendiamo ora che la Procura di Milano ha aperto d’ufficio un procedimento per omicidio preterintenzionale. E ascoltiamo commenti quasi tesi a “giustificare” la morte di quest’uomo: cosa c’èntra il fatto che il Ferrulli aveva precedenti penali? E ancora: come si può dire che era agitato e che fosse ubriaco? Perché non avere rispetto per la vita di una persona deceduta cercando di delegittimare la sua persona? Tutto questo è semplicemente vergognoso, altro non è che una pratica mistificatoria con la quale si vuole sviare il vero problema: un uomo di 51 anni è morto a causa di un malore accusato mentre veniva arrestato da una pattuglia di poliziotti. L'episodio è avvenuto in via Varsavia a Milano. E il filmato amatoriale al quale facciamo riferimento, ripreso con un telefonino, mostra quello che i familiari di Ferrulli hanno definito “un pestaggio” delle forze dell’ordine nei confronti della vittima. Dalle riprese si intravede un uomo a terra, dietro a una vettura, e due agenti chini su di lui, uno dei quali parrebbe colpirlo al dorso due volte.

Come sempre accade in questi casi, tuttavia, si arriva a negare anche l’evidenza dei fatti, anche le riprese del video. La relazione medica dell’ospedale, infatti, esclude segni evidenti di gravi traumi subiti. E dunque alle responsabilità dirette dell’accaduto si devono aggiungere anche quelle indirette.

Come Movimento ITALIA GARANTISTA ribadiamo tutta la nostra indignazione, oltre al naturale sconcerto, per questi gravissimi fatti di cronaca che vedono protagonisti uomini delle forze dell’ordine. Pur ribadendo, come già fatto in analoghe precedenti occasioni del genere, la nostra vicinanza ai numerosi servitori dello Stato che rischiano quotidianamente la loro vita, non possiamo però non evidenziare l’inaccettabilità di fatti di questo tipo, pestaggi quasi sempre mortali, che si concludono con la volontà di chiudere un occhio, o peggio tutti e due, per mistificare la realtà.

Il problema, oltre alla vicenda specifica, è l’attuale metodo di reclutamento di chi indossa una divisa e inoltre la frustrazione: chi appartiene ad un corpo civile, sia pure ad ordinamento speciale, non può e non deve essere reclutato dall’Esercito. Il cittadino anche se mostra talvolta segni di insofferenza (non tutti sono calmi e tranquilli) non è un nemico di guerra, e non deve essere trattato come tale. Dov’è lo slogan del poliziotto di prossimità, tanto sbandierato in passato? Altro problema, poi, è la grande frustrazione: chi è in servizio in volante deve guadagnare molto di più di un semplice poliziotto, proprio per l’alta professionalità richiesta e la capacità di autocontrollo, ma di questo chi ci governa non si interessa, autorizzando tagli che significano disinvestire in sicurezza e qualità dei servizi resi. Questo ovviamente non vale per chi fa le scorte alle auto blu. Bisogna dunque investire in sicurezza, in corsi di autodifesa che non siano offensivi per i cittadini, altro che tagli alla sicurezza. Quindi più soldi anziché tagli indiscriminati da investire nel comparto sicurezza e trasparenza nell’individuare le responsabilità di eventuali autori di fatti di gravità inaudita.