Un recente studio conferma che il lavoro precario pesa sulla salute mentale: aumenta il rischio di cadere in depressione e aumentano le prescrizioni di psicofarmaci. 

Lo rivela uno studio su circa 2,7 milioni di lavoratori in attività tra il 2007 e il 2011, residenti in Lombardia, seguiti attraverso il monitoraggio delle ricette mediche a loro nome (compilate da medico di base, studio specialistico, ospedale). Lo studio - i cui risultati sono stati anticipati all'ANSA - è stato condotto da Giorgio Vittadini, dell'Università di Milano Bicocca, e Francesco Moscone ed Elisa Tosetti, presso la Brunel University di Londra.

Esiste una relazione di causa-effetto tra precarietà e aumento di prescrizioni di psicofarmaci, oltre a un aumento correlato dei casi di depressione. I risultati indicano che avere un contratto temporaneo, così come frequenti cambiamenti di contratto nell'arco dell'anno, aumenta la probabilità di assumere psicofarmaci (antidepressivi, ansiolitici, stabilizzatori dell'umore etc.) e accresce il rischio di ammalarsi di depressione.

"Un lavoratore precario - spiega Moscone - ha una probabilità dello 0,6% maggiore di ricevere una ricetta per psicofarmaci; sembra un numero basso, ma l'entità dell'impatto della precarietà sulla salute mentale è notevole. Se le persone con contratto temporaneo aumentano di circa l'8-10%, allora il numero di depressi cresce dell'1% tra i giovani (18-34 anni), del 2,3% tra i 35-49enni, dello 0,8% tra 50enni e over-50''.

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