Al grido di “Libere tutte”, Goletta Verde di Legambiente ha assegnato oggi la Bandiera Nera alle Associazioni dei Balneari di Roma, per i troppi casi di spiagge inaccessibili ai cittadini, con muri, cancelli, recinzioni, tornelli che impediscono di fatto il libero e gratuito accesso al mare e persino la vista della spiaggia. Dall’indagine condotta dai volontari di Legambiente, che il 17 luglio scorso si sono finti dei comuni bagnanti, è emerso infatti che lungo i 17 chilometri del litorale di Ostia, dalla foce del Tevere fino a Torvaianica, ben il 94,5% degli stabilimenti in concessione impediscono ai cittadini il diritto di accesso libero e gratuito alla battigia: su 56 stabilimenti, solo 3 consentono il passaggio, con la vista mare addirittura preclusa per lunghi tratti di arenile. La situazione va meglio per i chioschi in riva al mare, che invece nei 18 casi esaminati consentono il libero accesso al mare. Il mare c’è ma non si vede. La realtà paradossale e gravissima in cui si sono imbattuti i nostri volontari è che ad Ostia dall’anno scorso non è praticamente cambiato nulla e che per accedere alla spiaggia, o anche solo poterla vedere, si deve pagare una “tassa sul mare”, nella forma di un abbonamento mensile, di un biglietto giornaliero, di un noleggio di lettino o ombrellone. “Il mare di Roma continua a rimanere troppo inaccessibile, è una situazione inaccettabile, quasi nessuno degli stabilimenti permette di entrare liberamente e gratuitamente, nessuno in sostanza permette di fare il bagno, con diversi escamotage fuorilegge a nostro avviso – ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio. - Nonostante le norme statali siano chiarissime e siano state ben recepite nel recente regolamento regionale in materia, sulle spiagge la musica è sempre la stessa. Per togliere qualsiasi scusa ai titolari delle concessioni, chiediamo al Comune di Roma di emanare la consueta ordinanza balneare, colmando il ritardo accumulato, inserendo parole chiare circa l’obbligo al libero e gratuito accesso alla battigia ai fini del transito e della balneazione, avviando poi controlli immediati circa il rispetto delle regole, eliminando tornelli e altre barriere dagli stabilimenti. Nei prossimi mesi va poi riaffrontata la questione del PUA, visto che da quello del 2004 ad oggi non è successo quasi niente, recuperando l’obiettivo di ricucire il rapporto tra paesaggio marino ed urbano, legando le scelte al rinnovo delle concessioni, unica strada per attuarle davvero.”

Nello specifico la situazione sul litorale romano si presenta divisa in quattro tratti, distinti per tipologia di attività e possibilità di accesso al mare: sostanzialmente si riesce ad entrare quasi solo nelle spiagge libere attrezzate con chioschi. Nel primo tratto – dal Porto di Roma al pontile di Piazza dei Ravennati – lungo 2 km e comprendente 16 strutture, è negato “solo” il 43% degli accessi, visto che si tratta per lo più di chioschi su spiagge libere, con la possibilità dell’affitto di ombrelloni e sdraie piazzate di giorno in giorno, in base alla richiesta. La situazione peggiora nel secondo tratto -dal pontile di Piazza dei Ravennati alla rotonda di Piazzale Cristoforo Colombo – che si estende per 3,7 km, con 16 stabilimenti ed 1 solo chiosco, dove gli accessi negati raggiungono la percentuale dell’88%, e nel terzo - da Piazzale Cristoforo Colombo a tutto il Lungomare Vespucci - ben 31 stabilimenti su 2,7 km di costa, dove praticamente l’accesso libero non esiste e non è possibile vedere non solo il mare, ma nemmeno l’arenile. Il mare torna ad essere di tutti e per tutti nell’ultimo tratto, ovvero sul litorale di Capocotta, 7,5 km di spiaggia libera che comprende 8 cancelli ed i successivi 2 chioschi.

“Il mare è un bene di tutti i cittadini, non si può trattare in questo modo – ha dichiarato Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio. -  Nel tratto centrale del litorale romano a Ostia c’è un susseguirsi di grandi strutture e costruzioni a fortissimo impatto, veri e propri villaggi turistici in cui si entra solo a pagamento. Chiediamo alla Regione Lazio e al Comune di Roma la fine di questa continua e scellerata richiesta di pagamento per accedere alla battigia, una illegale ed ingiusta “tassa sul mare” che vede Ostia in tutta Italia come capofila della riscossione. Gli stabilimenti vanno controllati, prevedendo anche la possibilità di sospensione e revoca delle concessioni. Solo in questo modo si avrà la possibilità di ridare ai cittadini quella sabbia ormai scomparsa e quel mare ormai così lontano, solo così si restituirà alla cittadinanza quello che è e deve continuare ad essere un bene comune.”

Tra le situazione più surreali in cui si sono imbattuti i volontari del Cigno Verde durante il loro monitoraggio, ci sono ingressi per non paganti che non portano in riva la mare, cartelli di “sosta vietata” sulla battigia, nonché di divieto a “consumare cibi propri”; muri che arrivano fino al mare impedendo di fatto la passeggiata sul bagnasciuga e persino tornelli attraverso i quali si può accedere solo con biglietto o tessera magnetica. Non è questo il mare che vogliamo.

Anziché rappresentare un eccezione, le spiagge blindate si ritrovano in circa la metà del litorale laziale. “Lungi dall’essere la pecora nera d’Italia, quello del Lazio è un caso che rispecchia la situazione nazionale – conclude Nunzio Cirino Groccia, segreteria nazionale Legambiente – eppure la legge è chiara i titolari di concessioni sono obbligati a consentire il libero e gratuito accesso e transito per raggiungere la battigia davanti al loro stabilimento, anche al fine della balneazione. E non solo. Secondo la legge 104/92, che tutela i diritti delle persone diversamente abili, se uno stabilimento non ha abbattuto le barriere architettoniche sussiste il divieto di esercizio balneare. Invece in tutta Italia gli aspiranti bagnanti, disabili e non, si ritrovano spesso privati del diritto di accedere al mare: si può proprio dire che la legge è uguale per tutti. Peccato che si tratti della legge del profitto”.