Roma - Il tumore alla prostata è la neoplasia più frequente tra gli uomini, in particolare dopo i 50 anni, rappresentando il 20% di tutti i tumori diagnosticati in questa fascia di età. In Italia ogni anno si contano circa 35mila nuovi casi e il numero è destinato a crescere: nel 2020 si attendono 44mila nuovi casi, nel 2030 altri 52mila.

Parallelamente però il tasso di mortalità sta diminuendo in modo significativo: la sopravvivenza a 5 anni si attesta al 92%. In questo è centrale la diagnosi precoce e le più moderne tecniche di imaging per la raccolta dei campioni. In particolare la ‘biopsia prostatica fusion’, permette di eseguire prelievi bioptici mirati a carico della prostata con vantaggi rispetto alla biopsia prostatica ecoguidata tradizionale e indubbi benefici per i pazienti.

“La diagnosi precoce gioca un ruolo fondamentale nella battaglia contro il tumore alla prostata - spiega Ulderico Parente, urologo del Gruppo Sanitario USI di Roma - Dopo i 50 anni è opportuno fare controlli periodici; dopo i 40 anni in caso di familiarità. Tradizionalmente gli strumenti diagnostici sono la misurazione del PSA (Antigene Prostatico Specifico), l’esame digitorettale, l’ecografia prostatica e la biopsia ecoguidata. Tuttavia, ad esempio, lo screening con il PSA può evidenziare patologie diverse dalla neoplasia così come può accadere che pazienti affetti da carcinoma non presentino elevati valori di PSA. Nuove metodiche, come la ‘biopsia prostatica fusion’, consentono invece maggiore accuratezza e precisione soprattutto nei casi più aggressivi e ad alto rischio ”.

“La ‘biopsia per fusione’ consente di mirare in maniera estremamente precisa nelle aree sospette evitando biopsie inutili e, soprattutto, senza il rischio di perdere i tumori più significativi - osserva l’esperto - L’ecografia si integra con la risonanza magnetica multiparametrica, precedentemente eseguita. Dalla sovrapposizione delle immagini ottenute dalla risonanza e dall’ecografia, grazie all’utilizzo di ecografi 3D, si ricostruiscono localizzazione e volume del tumore permettendo di evidenziare solo le lesioni sospette, come veri e propri bersagli, da cui estrarre poi i tessuti per l’analisi istologica. In sostanza si avrà un'immagine tridimensionale della prostata che permette di distinguere il tessuto sano da quello malato e di individuare anche tumori di piccole dimensioni”.

Quali sono allora i vantaggi della ‘biopsia per fusione’ rispetto alla biopsia ecoguidata standard? “L’accuratezza di questo esame è così elevata da permettere di effettuare prelievi mirati solo nelle aree segnalate come sospette, senza colpire altre zone, con un conseguente numero di prelievi minore; dunque l’esame è meno doloroso e invasivo e si riducono le più comuni complicanze della biopsia prostatica transrettale, quali l’ematuria, il sanguinamento rettale, le infezioni delle vie urinarie e la ritenzione acuta di urina. Inoltre la biopsia per fusione garantisce maggiore accuratezza nell’ identificazione dei tumori più aggressivi: si passa da una positività del 30-40% a una positività del 40-60%. Nel complesso si garantisce una migliore gestione chirurgica del paziente affetto da tumore prostatico", conclude l'esperto del Gruppo Sanitario USI.